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«Ce ne andiamo,» rispose quello. «È stato deciso così tutt a un tratto. Alle
cinque tutti noi invitati ci siamo trovati soli. Ormai avevamo aspettato fino all ultimo.
Impossibile che i fidanzati arrivassero. Qualcuno ha detto: E se ce ne andassimo?
Così tutti si sono preparati a sgomberare.»
Meaulnes non gli rispose. Adesso, che importava più andarsene? Non era
arrivato al termine dell avventura? Non aveva forse ottenuto, questa volta, tutto ciò
che desiderava? C era stato sì e no il tempo di richiamare con calma alla memoria
tutta la deliziosa conversazione del mattino. Per ora, partire; ma presto sarebbe
tornato  e stavolta senza inganno.
«Se vuoi venire con noi,» proseguì il ragazzo che aveva la sua età, «sbrigati a
cambiarti. Attacchiamo fra pochi minuti.»
Meaulnes se ne andò in fretta, lasciando a mezzo la cena e senza curarsi di dire
agli invitati quanto sapeva. Il parco, il giardino, il cortile erano immersi in una
oscurità fitta. Nessuna lanterna alle finestre, questa notte. Ma dopo tutto quella cena
assomigliava ancora all ultimo banchetto di nozze: così gli invitati più rozzi, che
probabilmente avevano bevuto, s erano messi a cantare. Mentre si allontanava,
Meaulnes sentiva crescere le loro canzoni da bettola in quel parco che per due giorni
era stato il luogo di tanta grazia, di tanta meraviglia. Era l inizio del disordine, della
decadenza. Passò vicino al vivaio dove s era rispecchiato, soltanto quella mattina.
Come tutto pareva già mutato...  e quella canzone, ripresa in coro, che arrivava a
folate:
Donde vieni, sfrontatella?
Hai la cuffia stracciata,
la chioma scompigliata...
e quest altra, poi:
Oh, scarpette rosse...
Addio, miei amori...
Oh, scarpette rosse...
Addio, per sempre!
Quando fu al piede della scala della sua casa isolata, qualcuno scendendo in
furia lo urtò nell ombra e disse: «Addio, signore !»
E ravvoltolandosi nella mantellina da viaggio, come se gelasse, scomparve. Era
Frantz de Galais.
La candela che Frantz aveva lasciato nella sua camera ardeva ancora. Tutto era
in ordine: c era soltanto un foglio di carta da lettere lasciato ben in evidenza con
queste parole:
«La mia fidanzata è fuggita, facendomi dire che non può diventare mia moglie;
che è una sartina, non una principessa. Non so che sarà di me. Me ne vado. Non ho
più voglia di vivere. Yvonne mi perdoni se non le dico addio ma anche lei non
potrebbe fare nulla per me...»
La candela era consumata: la fiamma ballò, s abbassò per un momento e si
spense. Meaulnes tornò nella propria camera e chiuse la porta. Malgrado il buio
riconobbe uno per uno gli oggetti che aveva messo in ordine poche ore prima, quando
fuori c era la luce e in lui la felicità. Capo per capo, ritrovò i suoi vecchi abiti
sdruciti, come amici fedeli, dagli scarponi alla rozza cintura con la fibbia di rame. Si
spogliò e si rivestì in fretta ma distrattamente, lasciò sulla sedia gli abiti presi in
prestito ma scambiò per errore il panciotto.
Nel cortile delle vetture, sotto le finestre, c era adesso un gran trambusto. Chi
tirava, chi chiamava, chi spingeva, ognuno voleva svincolare il suo veicolo
dall inestricabile garbuglio che l imprigionava. A intervalli qualcuno saliva in serpa a
un carro, sul copertone di una grande carretta e girava intorno la lanterna. Lo sprazzo
di luce colpiva la finestra: per un momento, intorno a Meaulnes la stanza ormai
familiare, con tutte le sue suppellettili amiche, palpitava, tornava viva...
E così, chiudendo con cura la porta, lasciò quel luogo misterioso, che certo non
avrebbe mai più riveduto.
17 - La strana festa (fine)
Diggià una fila di vetture andava adagio nel buio verso il cancello che si apriva
sul bosco. In cima alla fila un uomo vestito di pelle di capra, una lanterna in mano,
teneva per la briglia il cavallo della prima carrozza.
Meaulnes aveva fretta di trovare qualcuno cui affidarsi. Era impaziente di
partire: temeva, sotto sotto, di trovarsi d un tratto solo nel Dominio, smascherato nel
suo inganno.
Arrivò davanti all edificio principale dove i vetturini bilanciavano il carico
delle ultime vetture, costringendo i viaggiatori ad alzarsi per avvicinare o distanziare i
sedili; le ragazze, imbozzolate negli scialli, si tiravano su con un certo imbarazzo,
lasciando scivolare le coperte dalle ginocchia; volti inquieti si chinavano nel
riverbero delle lanterne.
Fra quei vetturali Meaulnes riconobbe il giovane campagnolo che poco prima
si era offerto di portarlo con sé.
«Posso salire?» gli chiese.
«Dove vai, amico?» rispose l altro senza riconoscerlo.
«Dalle parti di Sant Agata.»
«Allora chiedi un passaggio a Maritain.»
Ed eccolo cercare fra gli ultimi viaggiatori questo Maritain mai visto. Gli
dissero che era uno dei bevitori che cantavano in cucina.
«È un mattacchione,» spiegarono. «Alle tre del mattino sarà ancora lì.»
Meaulnes pensò un momento alla ragazza inquieta, febbrile, tormentata
dall angoscia, che avrebbe dovuto udire nella tenuta, fino a notte inoltrata, i canti di
quei contadini ubriachi. Qual era la sua camera? Quale la sua finestra, in quegli
edifici enigmatici? Ma indugiare non serviva a nulla: bisognava andarsene. Una volta
tornato a Sant Agata, tutto sarebbe stato più chiaro; non sarebbe più uno scolaro
sfuggito alla sorveglianza; e potrebbe di nuovo pensare alla giovane castellana.
Una dopo l altra, le vetture se ne andavano; le ruote stridevano sulla sabbia del
viale. Svoltavano e scomparivano nella notte, cariche di donne imbacuccate, di
bambini già mezzo addormentati dentro gli scialli. Ancora una grande vettura; una
giardiniera, sulla quale le donne stavano strette spalla a spalla; Meaulnes restò
perplesso sulla soglia della casa. Ormai non c era più che una vecchia berlina,
condotta da un contadino in camiciotto.
«Salga,» disse in risposta alle spiegazioni di Agostino, «andiamo proprio in
quella direzione.»
Meaulnes aprì a fatica lo sportello di quel veicolo decrepito, facendo traballare
i vetri e stridere i cardini. In un angolo del sedile dormivano due bimbi, maschio e
femmina. Si destarono al rumore e al freddo, si stirarono, diedero un occhiata incerta
poi con un brivido si rincantucciarono nel loro angolino e ripresero il sonno...
Ma già la vecchia carrozza s era messa in moto. Meaulnes richiuse adagio e si
sistemò con cautela nell angolo opposto; poi, avidamente, cercò di distinguere,
attraverso il vetro del finestrino, i luoghi che stava per lasciare, la strada da cui era
venuto: intuì, malgrado il buio, che la carrozza attraversava il cortile e il giardino,
passava davanti alla scala che conduceva alla sua camera, superava il cancello e
usciva dal Dominio per entrare nei boschi. Lungo i vetri fuggivano le ombre confuse
dei vecchi abeti.
«Forse incontreremo Frantz de Galais,» si diceva Meaulnes, con un po di
batticuore.
D improvviso la vettura ebbe uno scarto, per evitare un ostacolo sullo stretto
sentiero. Era (per quanto si intravedeva delle sue strutture massicce, nel buio) un
carrozzone di saltimbanchi fermo quasi nel mezzo della strada; probabilmente era
rimasto là, durante gli ultimi giorni, nelle vicinanze della festa.
Superato l ostacolo, ripreso il trotto, Meaulnes cominciava ad essere stanco di
guardare dal finestrino, nel vano tentativo di penetrare l oscurità, quando
d improvviso, nel profondo del bosco, brillò un lampo seguito da una detonazione.
I cavalli partirono al galoppo, senza che Meaulnes riuscisse a capire se il
cocchiere in camiciotto cercasse di frenarli o al contrario li stimolasse alla corsa.
Voleva aprire lo sportello e poiché la maniglia era all esterno, provò ad abbassare il
vetro, ma senza riuscirvi, lo scosse... I bambini ridestati, si stringevano spauriti l uno
all altra, senza parlare. Mentre scrollava il vetro, il viso incollato al finestrino, [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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